Sono una copywriter freelance e, molto spesso, svolgo la mia attività come collaboratrice esterna che si affianca in modo continuativo all’azienda, dato che le imprese hanno spesso la necessità di produrre contenuti a cadenza costante.
La mia esperienza mi ha portato molto spesso a diventare come la tessera di un mosaico, un personaggio fondamentale di una struttura che funziona solo se i suoi pezzi sono ben combinati.
Di fatto, io lavoro, fisicamente o virtualmente, a fianco dei veri e propri dipendenti dell’azienda e degli altri collaboratori esterni (professionisti e agenzie): ho, quindi, un punto di osservazione privilegiato sulle dinamiche delle collaborazioni esterne e, soprattutto, su come le aziende passino da una posizione di forza a una molto diversa, a volte di assoluta debolezza o apatia, rispetto alle attività che esternalizzano, perlomeno per quanto riguarda quelle legate alla comunicazione.
Questo “fenomeno” tende a ripetersi in molte occasioni e, a volte, ha delle conseguenze non solo sull’azienda ma anche in modo pratico sul mio lavoro, come collaboratrice esterna che spesso si occupa solo di una parte delle attività. Perciò ho deciso di parlarne brevemente in questo articolo.
Tutto sotto controllo, fino al passaggio di consegne
All’inizio della collaborazione è l’azienda che possiede le informazioni su una determinata attività di comunicazione: conosce le infrastrutture tecnologiche (per esempio il sistema con cui è inviata la newsletter) e tutti i mezzi che vengono utilizzati (per esempio i social e i loro meccanismi) e padroneggia lo specifico piano di comunicazione che è stato fatto per i vari canali.
Quando avviene un passaggio di consegne, però, tutto cambia: il professionista o l’agenzia inizia a gestire sul piano operativo tutte le attività e a padroneggiare gli strumenti specifici per quell’attività. Specifico che lo dico in relazione all’uso che ne fa l’azienda: ogni comunicatore sa gestire gli strumenti, ovviamente, ma sposando il progetto che è stato fatto per quell’azienda, su quel mezzo, ne diventa l’esecutore e colui che lo rende realtà, colui che lo attua e colui che gli dà forza e ragione d’essere.
Si può addirittura arrivare al paradosso per cui, se nell’azienda non c’è continuità di personale (e cambia il responsabile o l’addetto alla comunicazione originario), il collaboratore esterno conosca meglio gli strumenti e il progetto dell’azienda stessa.
Il distacco tra l’azienda e la sua comunicazione? Un rischio reale
L’azienda può finire per “staccarsi” dalla propria comunicazione, che potrebbe viaggiare su un binario parallelo e, addirittura, in casi estremi, non rispecchiarla più.
Nelle piccole aziende succede molto più spesso di quanto si creda. L’ho visto accadere in varie occasioni in questi anni e il vero paradosso è che può venire a mancare un vero referente interno sul progetto. Il know how viene disperso e spesso anche i controlli sono difficili.
Da copy mi è successo di fare domande (del tutto usuali per chi cerca di capire come sviluppare i prossimi articoli di un blog aziendale) come “E per i social? Come mai chi se ne occupa non posta mai link dal vostro blog?” e non essere in grado di ricevere risposta, perché in azienda nessuno controlla davvero cosa faccia il fornitore esterno o perché lavori in un certo modo.
Invece in azienda serve qualcuno che sovrintenda ai processi, che gestisca i rapporti con il fornitore esterno e non gli deleghi completamente le attività dimenticandosene. Il rischio per l’azienda in questi casi è grandissimo perché non solo potrebbe non sapere più cosa sta succedendo, ma addirittura potrebbe “distaccarsi”.
Come faccio io a risolvere o attutire il problema
La soluzione, che io cerco di applicare nelle realtà che hanno bisogno di un copywriter come risorsa esterna, è quella di curare il più possibile i resoconti periodici e mantenerli in essere anche quando si modificano le dinamiche aziendali.
Fare dei report (anche senza produrre documenti specifici, ma dando dei dati e dei riferimenti per email), dare dettagli sul lavoro che sto svolgendo, coinvolgere e tenere aggiornato il responsabile, cercare un nuovo referente quando quello precedente non c’è più: sono tutte attività che attutiscono il distacco tra l’attività di comunicazione e l’azienda.
È molto importante, fra l’altro, proprio quando si parla di copy, perché le informazioni nel mio lavoro sono un patrimonio prezioso che solo gli operatori interni possono fornire in quel modo unico che rispecchia la specifica identità dell’azienda.
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In conclusione, alle aziende non serve per forza un unico fornitore di comunicazione, ma spesso devono trovare il modo di gestire al meglio i collaboratori esterni.
Ci deve essere un referente capace di armonizzare il lavoro di tutti e, come copywriter, devo dire che trovarne uno bravo in grado di mediare tra i fornitori è un valore aggiunto immenso. Per il mio lavoro l’ho potuto osservare in prima persona, perché i testi sono un elemento che va a inserirsi in vari contesti, dal sito ai social, dalla brochure all’evento.
Spero dunque che la tua organizzazione sia in grado di tenere testa alle tante esigenze che solo professionisti diversi possono gestire al meglio, con una strategia comune che li faccia operare nella consapevolezza che il risultato a cui puntare è uno solo: una comunicazione efficace, ma senza che tu debba rinunciare a sapere cosa sta succedendo nella tua comunicazione. Era ciò che volevo dirti.