Alcuni autori, per una settimana intera, si rinchiudono isolati in una stessa casa per scrivere assieme: il frutto di quel lavoro è un risultato unico, che non ha precedenti nella storia di quell’espressione artistica.
Leggendo questa frase su un mio blog, chi mi conosce potrebbe pensare che io stia ovviamente parlando della Notte di Villa Diodati, la misteriosa sera in cui dall’incontro di quattro letterati e di altre persone presenti in una villa sul lago di Ginevra ebbero origine il genere horror e la fantascienza, come spiegato in questo precedente articolo del blog.
Nonostante le aspettative, però, questo articolo non parla di letteratura, bensì di musica.
“Un gruppo di songwriters riunito in una casa per una settimana” è infatti la premessa di nascita di un album che definire un piccolo gioiello è persino sminuente.
Sto parlando di Lindeville di Ashley McBride, nato per l’appunto con queste modalità e dove, in quattordici canzoni, viene raccontato l’intero universo di una città immaginaria dal nome di Lindeville, attraverso i personaggi e il mondo delle relazioni e delle cose che lo popolano, comprendendo anche la composizione dei divertenti Jingle pubblicitari dell’emporio e delle pompe funebri locali.
La città di Lindeville ispira il proprio nome a quella di Dennis Linde, uno dei più grandi songwriters della storia del country, autore fra le altre anche di Goodbye Earl delle Chicks di cui ho avuto modo di parlare qualche tempo fa in questo articolo del blog. L’esecuzione delle canzoni è affidata a Ashley McBryde e da un pool di cantanti e compositori composto da Brandy Clark, Pillbox Patti, Caylee Hammack, Brothers Osborne, Aaron Raitiere, Connie Harrington, Nicolette Hayford, Benjy Davis.
Al di là della mia passione personale per questo genere di musica, ciò che mi spinge a parlarne sul blog è non solo la genesi curiosa di questo album (che mi sento di consigliare per la qualità musicale delle canzoni, nitide e accattivanti), ma anche lo stimolo che la capacità immaginativa del country riesce a trasmettere e che, a mio avviso, è molto simile al tipo di capacità di scrittura che va stimolata per realizzare un buon storytelling.
Identificare gli oggetti di una narrazione, caratterizzarne i personaggi, spesso in una sola inquadratura (se si tratta di video) o in poche parole, raccontare con pochi tratti una situazione, sono alcuni degli elementi che caratterizzano i testi del racconto country e secondo me sono un’ottima fonte di ispirazione in senso più ampio per imparare a raccontare storie.
Nonostante Lindeville sia un prodotto di nicchia per gli standard italiani (ma è stato candidato come Best Country Album perdendo il premio contro un mostro sacro come Willie Nelson!), è una buona opportunità di crescita per soffermarsi ad analizzare modalità diverse di scrittura e trovare lo stile della propria comunicazione.
Saper raccontare è sempre fondamentale.
Sì, anche la musica country può aiutarti nell’infinita evoluzione indispensabile per approcciare i tuoi clienti.
Contattami così per parlarne.